Come di consueto, inizio questo monologo con un presupposto: io non sono patita di serie tv. Il motivo principale per cui non sono mai riuscita (eccetto che rarissimi casi nell’infanzia) ad affezionarmi a strutture narrative episodiche è che sono iperattiva. Non riesco quasi mai a ritagliarmi il tempo necessario ad andare di puntata in puntata, voglio sempre fare qualcosa di attivo piuttosto che stare ferma a guardare. Ecco, sì, di solito è così che va. Tranne che con Heroes.
Che sono in ritardo lo so. La serie è finita tipo mille anni fa, peraltro senza epilogo, ed io arrivo a sbandierare la mia opinione solo oggi. In ritardo pure nella corsa con me stessa, se si considera che era il 5 febbraio, quando ho visto l’ultimo episodio. Ma per motivi personali non ho potuto stendere prima queste righe.
Questa recensione NON contiene spoiler
Credo che dilungarsi a parlare di singoli episodi, o archi narrativi, sia dispersivo. In riferimento ad una storia che è stata narrata nel corso di diversi anni, e che io ho vissuto nel giro di circa sette mesi, si può parlare di concetti.
Di quelli, e di messaggi. Le emozioni vengono di conseguenza.
Heroes mi ha fatto sentire straordinaria. Forse è tutto qui, quello che volevo dire. Partendo da un concetto semplice (come sarebbero i super-eroi, quelli con i super-poteri, nella vita reale, senza mantello né calzamaglia?), Tim Kring è andato a scavare nell’ordinarietà per coglierne tutte le sfaccettature, passando dalla difficoltà di accettare di essere qualcosa di diverso – chi di noi non pensa di esserlo? – al prurito interiore che convince ad usare quel qualcosa in più, quell’essere un umano altro, per rendere il mondo un posto migliore.
Ho scritto un bel po’ di romanzi, su questo tipo di messaggio, forse per questo non mi lascia indenne.
Con Peter, Claire, Sylar, Hiro, Nathan, Niki, Matt, perfino Mohinder, Heroes si muove di passo in passo dall’ordinario allo straordinario – quando hanno i poteri e quando non li hanno – e pone su un piatto della bilancia le nostre debolezze. Sull’altro, più piccolo e paradossalmente più pesante, le nostre forze. Come specie, come un respiro solo che anima il mondo, da quando ha avuto la possibilità di impadronirsene.
Kring ha fatto nascere la storia come un qualcosa di profondamente legato alla fantascienza, ma già (e sopratutto) alla fine della prima serie Heroes era divenuto l’apologia dell’umanità. Un uomo che ha passato la vita a chiedersi come salvare il mondo rischia di farlo finire. Un uomo a cui non è mai importato nulla, che ha finto di pensare alla sola facciata e si è rassegnato al “c’è qualcosa di più grande di me”, invece lo salva. Ed una ragazzina che, non importa cosa sento io, se servirà a salvare gli altri, faremo questo sacrificio.
Le mie sensazioni sono importanti. Ma non sono le più importanti.
Heroes racconta in maniera straordinaria due cose: la diversità e lo spirito di sacrificio. Il sentirsi alieni ed evitare che questa sensazione sia quella dominante, nonostante faccia male. Parla dell’isolamento di Claire da se stessa e da chiunque, e dell’incondizionata voglia di pensare agli altri di personaggi come Peter – disperatamente in cerca di un motivo per salvare il mondo per potere essere in pace con se stesso. Se hai un potere straordinario, puoi fare finta di niente ed avere una vita normale, o devi sfruttarlo per cambiare il mondo?
La morale finale, quella più forte e toccante, è che i poteri non salvano tutte le vite. Alcuni, le tolgono. Se commisuri ciò che danno e ciò che levano, puoi fare le stesse esatte cose straordinarie, senza poteri. Non importa chi sei, cosa puoi fare, cosa sai fare, cosa hai fatto nel tuo passato. Tu puoi essere un eroe ogni giorno. Dipende da te.
Questo è ciò che Heroes mi ha lasciato dentro, a prescindere da buchi qua e là, da cali evidenti, da alcuni pezzi del cast che hanno solo sprecato il mio tempo (Maya e Alejandro, per dirne due). E, sebbene non fosse previsto quell’epilogo, il fatto che le vicende si chiudano ad anello, si chiudano aprendosi, è stato particolarmente significativo. Il mondo è pieno di persone diverse da te e di persone che hanno bisogno di te. Qual è l’elemento più importante? Hai più paura di ciò che ti minaccia o di ciò che potresti fare se solo ci provassi?
Il mio nome è Claire Bennet, questo era il tentativo numero sei.
Il mio nome è Claire Bennet, questo era il tentativo… ho perso il conto.
Voto 8