Ho giocato a Metal Gear Solid V – atto I

Non ho un rapporto normale con la serie Metal Gear Solid. Da quando mi innamorai del primo episodio, nel 1999, questo franchise ed il suo creatore, Hideo Kojima, sono divenuti il mio punto di riferimento. La profondità dei temi trattati ed i personaggi che li animavano sono diventati il mio obiettivo. Da quando ho cominciato a scrivere, io ho sperato di poter scrivere qualcosa che fosse bello, profondo e significativo almeno la metà di quanto non lo sia Metal Gear Solid. Per questo, ho risparmiato dei soldi per poter avere Metal Gear Solid V: Ground Zeroes al lancio: perché una voce dentro mi diceva di non aspettare. Perché mi montava dentro l’intrattenibile curiosità di scoprire cosa quella saga, che in qualche modo ha plasmato le mie righe, sarebbe diventata.

Questa recensione NON contiene spoiler

In tutti questi anni, non ho mai visto nessun episodio della saga venire criticato quanto è stato attaccato Ground Zeroes: l’idea di Konami di suddividere Metal Gear Solid V in due tronconi, commercializzati separatamente, è sinceramente discutibile ed offensiva anche per il più accanito dei fan del franchise (che potrebbe identificarsi nella sottoscritta). Oltretutto, i prezzi imposti dalla distribuzione italiana hanno portato sui nostri scaffali un prologo ad un prezzo poco distante da quello pieno, sopratutto su console next-gen. Non posso biasimare quindi tutti coloro che hanno scelto di non acquistare il gioco ed attendere il capitolo principale, The Phantom Pain, per mettere le mani su Metal Gear Solid V.
Non condivido e non sottoscrivo in alcun modo la scelta di Konami. Ma gli do atto di una cosa: non è vero che il gioco dura 10 minuti. Non è vero che si termina in 4 minuti. Quello non è giocare, quello è eseguire una speed-run. Il primo Metal Gear Solid poteva venire completato in un’ora e mezza, in speed-run, ma nessuno si è mai sognato di scrivere una recensione o un commento dicendo “che schifo, si può finire in un’ora e mezza”. È una cosa che non ha sinceramente senso. La sceneggiatura è breve, brevissima, si tratta di una parte moncata al gioco per guadagnare più denaro e si vede benissimo, ma il gioco non dura dieci minuti. Io sono ad undici ore e mi sto ancora divertendo.

Volevo premettere questo per chiarire la mia opinione su questo prodotto: ritengo che la mossa commerciale sia sbagliata, ma non estremizzo dicendo che il gioco in questione offre dieci minuti di interazione. Bisogna essere in cattiva fede per dirlo – oppure molto ignoranti.

Quello che balza subito all’occhio, è la bellezza estetica di Ground Zeroes: grazie a dei soldi messi da parte lavorando, ho avuto la possibilità di giocare su PlayStation 4, che Hideo Kojima stesso ha indicato essere la più performante delle quattro diverse edizioni di questo prologo. La bellezza estetica del gioco è semplicemente mozzafiato, la nitidezza dell’immagine è un vero piacere per gli occhi, e nonostante dei pop-up sulla profondità di campo FOX Engine fa sempre accuratamente il suo dovere, sia alla luce del sole che nel ricreare l’ambientazione in notturna, sotto la pioggia scrosciante.

Spenderò poche righe per parlare delle novità di gameplay, che tutti avranno sicuramente già letto e riletto nelle recensioni delle testate specializzate e dei colleghi. Le novità introdotte nell’utilizzo del corpo a corpo (con le tecniche CQC) sono estremamente appaganti, e tenere in mano il controller per interagire con Big Boss è davvero piacevole. Ben studiato il menù delle armi per categoria (anche se claudicante quando bisogna selezionare la seconda di una determinata tipologia), ottima la mappatura dei controlli sui diversi tasti, geniale l’inserimento della reflex mode – disattivabile all’occorrenza – per dare ai meno pro la possibilità di attaccare il nemico prima che diffonda l’allerta.
Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, ludicamente parlando, è un piacere di stealth. Oltretutto, la componente strategica che si aggiunge al gioco – in questo prologo mostrata dal dover calcolare il proprio percorso di entrata e di fuga in una base fatta di quartieri e zone, e non di meri corridoi – è un’aggiunta davvero gradita e stimolante, che richiede al giocatore di ingegnarsi per trovare la miglior soluzione possibile.

Le diverse side-ops sembrano essere state inserite proprio per valorizzare quest’ultimo punto, oltre che per dare merito a quello spirito goliardico e kojimano che da sempre caratterizza alcune parti dei prodotti di questo franchise: la missione Deja Vu, ad esempio, è una perla i cui easter egg divertiranno sicuramente i fan più datati della serie, mentre alcuni spunti di altre operazioni riusciranno sicuramente a strapparvi un sorriso. In tutti questi anni, quell’Hideo Kojima che pretende che un agente delle forze speciali possa eludere la sorveglianza di una base di massima sicurezza semplicemente nascondendosi dentro una scatola di cartone non è cambiato.

Kojima_Ground_Zeroes

C’è qualcosa d’altro, che è cambiato, ed è lo spirito narrativo: tanto per fare un esempio, il primo Metal Gear Solid usava crudezza solo per mostrarci scene particolari, come il Cyborg Ninja all’opera o il ferimento di Meryl da parte di Sniper Wolf. Quando lo stesso Ninja rimaneva ucciso, sotto il REX, l’inquadratura ci lasciava intendere cosa accadeva, ma non lo mostrava. E la stessa Meryl riferiva di aver subìto “torture e cose ancora peggiori”, ma non andava oltre. Non voleva portarci davvero dentro a questo racconto.

Ground Zeroes sì. I toni narrativi di Metal Gear Solid V sono diretti, brutali, forti come uno schiaffo tirato a tradimento. Questa volta Kojima non vuole lasciarci intendere cosa è successo né come è successo, ma vuole portarci lì. Vuole che ci rendiamo materialmente conto di ogni singola cosa che accade, che sia mostrata in video o che sia doppiata, con una crudezza che non avevamo mai conosciuto in questo franchise.
La morte e la fragilità dell’esistenza sono rappresentate e raccontate in Ground Zeroes con una sincerità amara, anche quando si spara ad un singolo nemico è possibile vedere il sangue invadergli l’uniforme e gli occhi sbarrati e vuoti rimanere puntati verso il cielo, in un’espressione di eterna inanimazione che noi abbiamo causato.

È vero, la missione dedicata al complesso filone narrativo della saga non supera le due ore, ma mette in campo una narrativa diretta come non era mai stata, mescolando la regia cinematografica ad una crudezza che, per spiegarci i futuri cambiamenti del protagonista – Big Boss – ci pone nella posizione di chiederci: come puoi reagire a delle crudeltà del genere? Come potresti non farla pagare a chi fa questo?
Solid Snake, nel primo Metal Gear Solid, è traumatizzato dall’aver “ucciso” suo padre. Raiden è traumatizzato dalla sua infanzia sul campo di battaglia. Sono però traumi per i quali non ci siamo mai ritrovati così direttamente a domandarci che effetto avrebbero avuto su di noi, dentro ai quali siamo stati trasportati direttamente dalla regia e dalla narrativa. I traumi di Ground Zeroes smettono invece di accennare e fare riferimento, e cominciano a mostrare e far sentire – in tutte le accezioni che quest’ultimo verbo prevede.

E c’è di più: interrogato sulla questione, Kojima ha negato i riferimenti diretti tra Camp Omega (location di Ground Zeroes) e il campo di prigionia della Baia di Guantanamo, tristemente noto. Tuttavia, la timeline del gioco propone proprio le date di apertura e chiusura di Camp X-Ray tra quelle a cui fare riferimento per comprendere gli avvenimenti in esso narrati. Ed il messaggio di queste due ore scarse di trama si spinge più in là: non chiederti come dovrebbe reagire Big Boss, chiediti come dovresti reagire tu, perché le cose che hai sentito e visto a Camp Omega succedono davvero, mentre tu sei seduto qui a giocare.

Unendo un gameplay davvero brillante, capace di tenervi attaccati al controller per sperimentare, ad una grafica che vi fa sentire finalmente il salto verso la nuova generazione, Metal Gear Solid V: Ground Zeroes propone una sceneggiatura breve ma forte e coinvolgente, che vi fa fermare a riflettere con una cupezza di cui mai Kojima si era servito prima, suscitando in voi sensanzioni umane, positive o negative che siano, che più umane non si può. Certo, il prodotto rimane una mossa commerciale di Konami, che ha però avuto la decenza di affiancare alla sceneggiatura delle side-ops e degli elementi di rigiocabilità molto benpensati e stimolanti, che protraggono l’esperienza di gioco di diverse ore.

Voto 8

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